Cenni storici sul movimento pentecostale
Il protestantesimo pentecostale con tutta probabilità è il più esteso fenomeno religioso manifestatosi in seno alla cristianità; insieme al movimento ecumenico e al concilio Vaticano II sarà forse ricordato come fatto cruciale che ha caratterizzato il cristianesimo del XX secolo. La multiversa origine e la multiforme affermazione raggiunta sono ancora lontane dall’essere studiate nelle loro varie implicazioni; d’altra parte, per molte ragioni, è un fenomeno ancora in svolgimento nonostante il secolo di storia che ormai ha alle spalle e i circa 600 milioni di persone che ispirano la propria vita religiosa ad una spiritualità di tipo pentecostale: un terzo quasi dell’intera cristianità. La definizione di questo fenomeno mondiale come “movimento pentecostale” non deve fuorviare circa la sua omogeneità; l’espressione, infatti, sta ad indicare una pluralità di soggetti e di posizioni a volte molto distanti l’uno dall’altro per cui sarebbe più opportuno parlare di “movimenti pentecostali”. Il pentecostalesimo, dunque, è un evento assurto a fenomeno; vale a dire che per “movimento pentecostale” si deve storicamente intendere un insieme di fatti religiosi che all’inizio del Novecento, maturando all’interno di una precisa tradizione spirituale ed unendosi a fattori socioculturali, diede vita ad un processo di lungo periodo e di vasta portata geografica che ha interessato tutto il mondo.
Storicamente il movimento pentecostale nasce negli Stati Uniti e in Inghilterra all’inizio del Novecento, ma la sua spiritualità è legata ad una robusta radice della più ampia tradizione cristiana che, attraverso la riforma protestante e i movimenti di riforma del medioevo, arriva fino alle sorgenti del cristianesimo; insomma, si tratta di un movimento religioso che ha una storia recente, ma un lungo passato. L’inizio, dunque, si ebbe in quelle aree geografiche dove il protestantesimo costituiva il riferimento della maggioranza della popolazione (America del nord ed Europa settentrionale) per poi estendersi quasi subito anche a paesi dove era predominante il cattolicesimo o l’ortodossia (Europa orientale e meridionale, America del sud ); di là, nel giro di pochi anni, arrivò nei cosiddetti paesi di missione (India, Cina, Oriente in genere e Africa). Il pentecostalesimo, quindi, si propone ora come movimento di risveglio interno alle chiese (in area protestante), ora come movimento di riforma (in area cattolica e ortodossa), ora come movimento d’azione missionaria. Esso si inserisce a pieno titolo nella linea centrale del cristianesimo; oltre al fatto di essere cristiani nel senso dei grandi dogmi della fede (trinità, divinità di Gesù Cristo) i pentecostali sono pienamente inseriti nell’alveo della riforma protestante accettandone i principi fondamentali (centralità e autorità delle scritture bibliche, salvezza per sola grazia mediante la fede). Il suo immediato retroterra teologico è costituito dai grandi risvegli religiosi che hanno periodicamente attraversato il protestantesimo del XVIII e XIX secolo evidenziando l’urgenza dell’impegno personale del credente e la necessità di una significativa esperienza di salvezza (conversione intesa come evento databile, santificazione come work in progress della grazia divina). La sua nascita si inserisce, quindi, in una diffusa attesa di risveglio all’interno dell’area evangelica nella quale maturò e che, in fin dei conti, costituiva l’elemento unificante del fenomeno. Quest’area era rappresentata dal Movimento di Santità, nato negli USA all’indomani della guerra di secessione, che trovava il suo corrispondente (con qualche differenza) nella Conferenza di Keswick in Gran Bretagna la quale costituiva l’humus dove era maturato il risveglio gallese. Questi due rami del pentecostalesimo si svilupparono apparentemente in modo separato, ma sostanzialmente a partire dalle stesse premesse anche se quello americano divenne fin da subito più forte numericamente e più incisivo nella diffusione internazionale legato com’era alle vicende degli Stati Uniti ed alla loro espansione mondiale a cavallo delle due guerre mondiali. A ciò il pentecostalesimo aggiunse una specifica componente pneumocarismatica caratterizzata dalla fede nella guarigione divina, nella liberazione operata da Dio attraverso la preghiera e l’intercessione, nella profezia intesa come attività spirituale volta all’esortazione e al discernimento.
Il movimento pentecostale italiano si configura con una propria originalità nel panorama internazionale del pentecostalesimo fin dalle origini; infatti, sulla scia della forte spinta migratoria che interessò l’Italia tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 l’esperienza pentecostale italiana assunse caratteristiche proprie e si sviluppò per vie diverse da quella nordamericana. Il contatto con il pentecostalesimo americano fu solo iniziale; gli italiani impostarono una propria linea di condotta in ragione della loro peculiarità etnica e, fatto comune a tutto il pentecostalesimo latino, si caratterizzarono per il forte taglio anticlericale conseguente alla grande opposizione che incontrarono. Non bisogna dimenticare, infatti, che mentre in nord America il pentecostalesimo maturava e si sviluppava a partire da una spiritualità e da una dimensione ecclesiale evangelica e con questa si misurava (anche i primi italiani diventati pentecostali erano evangelici), nei paesi latini il termine di confronto era rappresentato dal cattolicesimo con tutto ciò che questo comportava; ciò significò, ad esempio, che in alcune zone dell’America del sud e dell’Europa del sud per la prima volta dopo il XVI secolo si rimetteva in discussione la confessione religiosa maggioritaria, quasi come se la riforma protestante fosse arrivata con quattro secoli di ritardo (e, in effetti, spesso la reazione violenta contro i pentecostali prendeva le mosse dall’accusa di eresia protestante). L’ondata di emigrazione coinvolse anche molti evangelici i quali si trasferirono spesso in gruppo all’estero, soprattutto negli Stati Uniti e in Sud America; provenendo da varie parti d’Italia arrivavano nei paesi d’oltremare e davano vita a comunità molto coese e ferventi che si ingrandivano anche per l’opera evangelistica che svolgevano a ritmi sostenuti. Le prime ad essere fondate furono la chiesa battista di Buffalo (1890) – che praticamente era stata fondata dagli evangelici di Pescasseroli emigrati in massa – e la chiesa valdese di Chicago (1892) – che assunse il nome di Prima Chiesa Presbiteriana Italiana – retta prima dall’evangelista Nardi e poi dal pastore Grill. Proprio alle vicende di questa chiesa è legata la nascita del movimento pentecostale italiano.
Quando la chiesa di Chicago si costituì tra i suoi membri vi era Luigi Francescon (1866-1964) un emigrante della provincia udinese arrivato negli Stati Uniti nel 1890 e lì divenuto evangelico. In questa chiesa Francescon dopo qualche anno cominciò a ricoprire ruoli ausiliari dell’attività pastorale di cui era titolare il valdese Filippo Grill. Nel 1900 la comunità cominciò ad essere frequentata da un gruppo di persone provenienti dalla Toscana e divenute evangeliche a Chicago per mezzo dell’azione evangelistica di Giuseppe P. Baretta il quale, a sua volta, era diventato evangelico in una chiesa metodista libera che evangelizzava attraverso riunioni domiciliari ed era contraria al pastorato ordinato e stipendiato. Questo gruppo di “toscani” (come vennero in seguito chiamati) era abituato ad una forma di culto nella quale si pregava spontaneamente e si praticava la “testimonianza” (cioè la libera narrazione di esperienze personali relative alla propria vita di fede) che costituirà, poi, un elemento peculiare del culto pentecostale italiano e che il gruppo molto probabilmente aveva derivato da un’analoga pratica in voga presso le comunità metodiste libere. Fu da questo nucleo di evangelici che nel 1907 nacque la prima comunità pentecostale di lingua italiana grazie ai contatti che Franceson intrattenne con un pastore battista americano, Charles Durham (figura importante per la storia del pentecostalesimo americano), che in quegli anni operava a Chicago ed era divenuto pentecostale durante un viaggio a Los Angeles nel 1906 dove era in atto la fase più incisiva della nascita del pentecostalesimo. Da questa prima comunità partirono le azioni missionarie destinate a portare il messaggio pentecostale tra gli emigrati prima degli Stati Uniti, poi del Sudamerica e infine dell’Italia: tutto accadde nel giro di 4 o 5 anni. Pochi mesi dopo la costituzione della chiesa di Chicago come chiesa pentecostale alcuni membri di questa arrivarono in Italia, ma la loro evangelizzazione non ebbe molta fortuna. L’anno successivo, nel 1908, un predicatore incaricato ufficialmente dalla chiesa di Chicago di nome Giacomo Lombardi, di origini abruzzesi, arrivò a Roma dove stabilì il primo nucleo di pentecostali che nel volgere di pochi mesi diede vita alla prima chiesa pentecostale in Italia.
Oggi in Italia il movimento pentecostale, in tutte le sue articolazioni, rappresenta la denominazione evangelica più numerosa (oltre l’80% degli evangelici italiani senza contare le chiese formate da immigrati).
E’ impensabile poter offrire un’indicazione bibliografica esauriente sul pentecostalesimo; i titoli nuovi sono quasi quotidiani e per averne un’idea basta visitare i siti internazionali dedicati all’argomento. Qui di seguito si indicano solo alcuni dei titoli più facilmente reperibili anche se richiedono qualche piccola ricerca all’estero peraltro abbastanza facile attraverso le librerie specializzate.
Harvey Cox, Fire from Heaven. The Rise of Pentecostal Spirituality and the Reshaping of Religion in the Twenty-First Century, Cassell, London1996.
Vinson Synan, The Holiness-Pentecostal Movement in the United States, Eerdmans, Gran Rapids (Michigan) 1971.
Frank Bartlemann, Azusa Street, Publielim, Milano 1998.
Concilium, rivista internazionale di teologia, Queriniana, Brescia 1996, n. 3.
Kevin & Dorothy Ranaghan, Il ritorno dello Spirito.Storia e significati del movimento pentecostale, Jaca Book, Milano 1995.
William W. Menzies, Anointed to Serve. The Story of the Assemblies of God, Gospel Publishing House, Springfield (Missouri) 1971.
Francesco Toppi, E mi sarete testimoni. Storia delle Assemblee di Dio in Italia e del movimento pentecostale, Adi Media, Roma 1999.
Pneuma, rivista della Society for Pentecostal Studies, edita a Gaithersburg, Maryland.
Jepta, rivista della European Pentecostal Theological Association, edita a Nantwich, Cheschire, Gran Bretagna.
Journal of Pentecostal Theology, edito a Sheffield in Gran Bretagna.
Walter Hollenweger, El Pentecostalismo. Historia y Doctrinas.La Aurora, Buenos Aires, 1976. Ne esistono versioni in inglese e in tedesco.
Massimo Introvigne a cura di, La sfida pentecostale, Elledici, Leumann 1996.
Id., I Pentecostali, eadem, ibidem 2004.
Id. a cura di, Enciclopedia delle religioni in Italia, eadem, ibidem 2006, pp. 217-320.
Carmine Napolitano, “Il pensiero di Giuseppe Petrelli. Per una storia del movimento pentecostale italiano” in D. Maselli a cura di, Movimenti popolari evangelici nei secoli XIX e XX, Edizioni Fedeltà, Firenze 1999, pp.94-153.
Stanley M. Burgess, Dicitonary of Pentecostal and Charismatic Movements, Zondervan Publishing House, Grand Rapids (Michigan) 2002.
Donald W. Dayton, Theological Roots of Pentecostalism, idem, ivi 1987.
Murray W. Dempster et al. a cura di, Called and Empowered :Global Mission in Pentecostal Perspective, Hendrickson Publishers, Peabody MA 1991.
Carmelo Alvarez, Pentecostalismo y Liberaciòn. Una Experiencia Latinoamericana, Departamento Ecumenico de Investigaciones, San José (Costa Rica) 1992.